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medici di base - nei commenti

PdCI su chiusura DEA - 12 Novembre 2014 - 23:19

Esco dal coro...
Esco dal coro e vi faccio una domanda: comprereste oggi una macchina degli anni settanta, diciamo una FIAT 127, al costo di una utilitaria attuale? Ecco, questo è l'esempio che mi viene per descrivere quella che è oggi la sanità. Una macchina costosa che richiede personale altamente qualificato e dove si richiede un'esperienza sempre più elevata. Infatti, per farsi curare patologie gravi si esce da Verbania, o da Domo, per andare in centri specialistici che si differenziano dai nostri ospedali non perché hanno medici migliori, ma perchè fanno solo quello su centinaia di migliaia di casi l'anno, questa è la sanità oggi. Quindi no all'ospedale unico, siamo un territorio troppo piccolo per avere delle eccellenze, e forse dovremmo accettare l'idea di avere un solo DEA, o addirittura nessuno, ma solo dei centri di primo soccorso dove preparare il malato per essere trasferito in un centro specialistico, dove si può essere curato meglio che in un DEA non sufficientemente attrezzato. Ovviamente questo deve essere negoziato con servizi di prossimità più efficienti, una base di elisoccorso, dotata di un elicottero adatto per i voli ogni tempo e notturni, la costruzioni di piazzole distribuite lungo tutta la provincia, e così via... So che quello che ho scritto potrebbe non piacere a tutti, me per primo, ma temo che questa sia quello che, per forza di cose succederà. Saluti Maurilio P.S. Faccio notare, che non ho mai parlato di risparmi, ma di servizi migliori (migliori cure) per i cittadini

Carlo Bava su sanità Vco e probabile chiusura DEA Verbania - 10 Novembre 2014 - 15:00

il mio è un interrogativo
Grazie per la stima Giovanni, ma il mio era un sincero interrogativo, io non sono un esperto e mi sono limitato (citando la fonte) a riportare un dato che mi sembra "enorme": 400 persone (una ogni 430 abitanti del VCO) che mediamente costano più di 92'000 euro l'una e che non sarebbero "medici di base". Chiedo solo se non sia su questo enorme costo che non si possa intervenire...

Carlo Bava su sanità Vco e probabile chiusura DEA Verbania - 10 Novembre 2014 - 14:07

oppure toccare gli sprechi veri?!
da un post dei 5 stelle: " ...numeri della locale ASL 14 che, per servire un territorio di 170.000 abitanti (meno di un quartiere di Milano), ha in organico, esclusi i medici di base, un esercito di circa 400 dirigenti (medici e amministrativi) che costano, da soli, circa 37 milioni di euro /anno su 47 milioni di ricavi dichiarati."

NCD e Comunità.vb: "No alla chiusura dei Dea" - 8 Novembre 2014 - 17:36

Cosa ha buttato via il VCO
Per guardare un po' al di la del nostro naso, estrapolato dal sito "architetturasostenibile.it", e per sapere cosa il VCO ha buttato via: "Secondo Renzo Piano il primo passo da fare nella società attuale, sarebbe quello di “recuperare una visione umanistica dell’ospedale”. Dopo aver preso in rassegna le tipologie ospedaliere ottocentesca(a padiglione) e novecentesca (monoblocco), l’architetto ha criticamente estrapolato e mixato le caratteristiche positive di entrambe. Se da un lato la prima, a padiglioni, denotava una certa attenzione alla persona, anche grazie alla presenza di alberi e giardini negli spazi aperti, con l’evoluzione e l’avanzamento tecnologico, si è presentata una spersonalizzazione ed il presentarsi di una serie di difetti. Pian piano alla tipologia ottocentesca si è poi sostituita quella monoblocco che ha il vantaggio di non essere più dispersiva, e riuscire, quindi, a contenere tutto nello stesso edificio, con evidente maggior funzionalità. Si è però persa la “visione umanistica”. Una visione moderna. Una visione critica di questo tipo permette di comprendere errori ed aspetti positivi del passato: l’idea di un unico edificio, grigio e privo di verde, ormai è superata, e non mette a proprio agio chi deve fruire dei suoi spazi. Non bastano più una serie di fredde nozioni funzionali, dimensionali ed ingegneristiche per progettare un buon ospedale: è necessario un approccio umanistico. I tempi sono cambiati: bisogna riflettere sullo stato d’animo di chi subisce direttamente o indirettamente un ricovero e cercare, con la concezione dell’edificio, di rendere questo momento meno traumatico possibile. Si potrebbero enunciare una serie di punti, proveniente da una profonda analisi: • Umanizzazione: lo spazio e l’ambiente in cui si trova il degente devono essere a misura d’uomo, sicuri e confortevoli, garantire benessere e privacy. • Urbanità: l’ospedale non deve essere un edificio isolato ed avulso dal tessuto urbano in cui si colloca, ma esserne parte integrante e comunicare con esso. • Innovazione: la flessibilità deve essere alla base della concezione architettonica, garantendo cambiamenti secondo le esigenze terapeutiche, tecnologiche, organizzative e formali. • Affidabilità: tranquillità e fiducia rispetto all’ospedale dipendono anche dalla sicurezza ambientale, tecnico–costruttiva, impiantistica ed igienica del luogo. • Ricerca: nell’ospedale deve essere presente una sezione dedicata alla ricerca clinico–scientifica che, favorisca aggiornamento ed adeguamento alle ultime novità sul campo. • Formazione: l’ospedale deve essere attrezzato adeguatamente per l’aggiornamento professionale e culturale, per medici interni ed esterni, infermieri, tecnici e chi si occupa della gestione. Alla luce di questi punti si può dire che il modello più consono sarebbe quello che prevede vari edifici inseriti nel verde. In tal modo i flussi di persone sarebbero selezionati e suddivisi per usi. Il verde, oltre a svolgere la funzione di barriera acustica, assorbe lo smog, crea un microclima ed abbassa le temperature estive, dà pace e serenità ai degenti, aiutandoli nella terapia di riabilitazione. Il piano terra potrebbe assumere carattere più urbano rispetto al passato, essere reso più dinamico prevedendo una serie di servizi connessi alla tipologia ospedaliera, che spesso non sono presenti: bar, edicola, lavanderia, negozi, fiorai, parrucchiere. I limiti tra verde, edificio ospedaliero e città non devono essere rigidi come in passato; nella progettazione e realizzazione devono confluire sicuramente efficienza e sostenibilità".

Lega Nord su sanità e punto nascite - 21 Settembre 2014 - 22:16

La sanità del futuro
Eppure ci sarebbe la possibilità di evolvere anche in campo sanitario. Vi allego un estratto del progetto di Renzo Piano dell'ospedale del futuro. intanto che noi litighiamo per il nostro pollaio, altri volano alto. Buona lettura. RENZO PIANO: LA VISIONE SULLA TIPOLOGIA OSPEDALIERA E CRITERI D'INTERVENTO SOSTENIBILI Un'analisi tipologica. Secondo Renzo Piano il primo passo da fare nella società attuale, sarebbe quello di "recuperare una visione umanistica dell'ospedale". Dopo aver preso in rassegna le tipologie ospedaliere ottocentesca (a padiglione) e novecentesca (monoblocco), l'architetto ha criticamente estrapolato e mixato le caratteristiche positive di entrambe. Se da un lato la prima, a padiglioni, denotava una certa attenzione alla persona, anche grazie alla presenza di alberi e giardini negli spazi aperti, con l'evoluzione e l'avanzamento tecnologico, si è presentata una spersonalizzazione ed il presentarsi di una serie di difetti. Pian piano alla tipologia ottocentesca si è poi sostituita quella monoblocco che ha il vantaggio di non essere più dispersiva, e riuscire, quindi, a contenere tutto nello stesso edificio, con evidente maggior funzionalità. Si è però persa la "visione umanistica". Una visione moderna. Una visione critica di questo tipo permette di comprendere errori ed aspetti positivi del passato: l'idea di un unico edificio, grigio e privo di verde, ormai è superata, e non mette a proprio agio chi deve fruire dei suoi spazi. Non bastano più una serie di fredde nozioni funzionali, dimensionali ed ingegneristiche per progettare un buon ospedale: è necessario un approccio umanistico. I tempi sono cambiati: bisogna riflettere sullo stato d'animo di chi subisce direttamente o indirettamente un ricovero e cercare, con la concezione dell'edificio, di rendere questo momento meno traumatico possibile. Si potrebbero enunciare una serie di punti, proveniente da una profonda analisi: Umanizzazione: lo spazio e l'ambiente in cui si trova il degente devono essere a misura d’uomo, sicuri e confortevoli, garantire benessere e privacy. Urbanità: l’ospedale non deve essere un edificio isolato ed avulso dal tessuto urbano in cui si colloca, ma esserne parte integrante e comunicare con esso. Innovazione: la flessibilità deve essere alla base della concezione architettonica, garantendo cambiamenti secondo le esigenze terapeutiche, tecnologiche, organizzative e formali. Affidabilità: tranquillità e fiducia rispetto all'ospedale dipendono anche dalla sicurezza ambientale, tecnico-costruttiva, impiantistica ed igienica del luogo. Ricerca: nell’ospedale deve essere presente una sezione dedicata alla ricerca clinico-scientifica che, favorisca aggiornamento ed adeguamento alle ultime novità sul campo. Formazione: l’ospedale deve essere attrezzato adeguatamente per l'aggiornamento professionale e culturale, per medici interni ed esterni, infermieri, tecnici e chi si occupa della gestione. Alla luce di questi punti si può dire che il modello più consono sarebbe quello che prevede vari edifici inseriti nel verde. In tal modo i flussi di persone sarebbero selezionati e suddivisi per usi. Il verde, oltre a svolgere la funzione di barriera acustica, assorbe lo smog, crea un microclima ed abbassa le temperature estive, dà pace e serenità ai degenti, aiutandoli nella terapia di riabilitazione. Il piano terra potrebbe assumere carattere più urbano rispetto al passato, essere reso più dinamico prevedendo una serie di servizi connessi alla tipologia ospedaliera, che spesso non sono presenti: bar, edicola, lavanderia, negozi, fiorai, parrucchiere. I limiti tra verde, edificio ospedaliero e città non devono essere rigidi come in passato; nella progettazione e realizzazione devono confluire sicuramente efficienza e sostenibilità.

Arrivati i 50 profughi a Verbania  - 14 Aprile 2014 - 14:30

poveri e rifugiati
ogni paese europeo ha l'OBBLIGO di "assumersi l'onere" dell'accoglienza ed assistenza ai rifugiati in base alla convenzione di Ginevra . nel caso dell'italia è anche un obbligo costituzionale (articolo 10 comma 3.) italia e Grecia sono in crisi non certo per colpa dei rifugiati che sono ripeto meno di 100000, ma si cerca l'alibi dei rifugiati, non è forse ipocrisia? nel mio post ero stato chiaro: le carenze dell'italia non dipendono dalle difficoltà economiche ma da carenze strutturali ed organizzative. quanto ai poveri, i rifugiati sono accolti non in quanto "poveri" ma perchè dimostrano davanti ad una commissione che nel loro paese d' origine sono perseguitati per motivi politici, religiosi, razziali, sociali ecc, e chiedono quindi protezione presso un paese (in questo casa l'Italia), done vengano loro garantiti quei diritti, che non hanno nel loro paese d'origine. Per farti un esempio la siria è in piena guerra civile, la maggior parte dei profughi giunti in italia proviene da là. Ad Aleppo, città di 2 milioni di abitanti ci sono oggi meno di 40 medici, usano stracci al posto delle bende. prima della guerra era una città come le altre, forse più bella di domodossola, nè ricca nè povera. quindi questi ragazzi faranno domanda di asilo ed avranno circa il 50% di possibilità che venga accolta; se nella loro richiesta affermeranno che sono poveri, ma non dimostreranno motivi di persecuzione e negazione di diritti civili, non potranno ottenere una forma di protezione in Italia e nel resto d'europa. tanto difficile capire, oppure si vuole travisare e far finta di non capire???
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